Riflessione sulla lettura del libro “Introduzione alla rivoluzione informatica in architettura”

Durante la pausa estiva di quest’ anno mi è capitato di leggere “ introduzione alla rivoluzione informatica in architettura”, scritto dal prof. Architetto Antonino Saggio.

Un fatto curioso ed allo stesso tempo suggestivo è stato attraversare quelle pagine in un luogo come Gibellina, la piccola cittadina nell’entroterra della Sicilia che è passata alla storia per la sua eclettica e singolare ricostruzione post terremoto. La congiunzione di quel luogo e di questa lettura ha fatto nascere in me alcune importanti riflessioni, scaturite sopratutto dal capitolo IV in cui si affrontano i temi di “natura” e di “paesaggio” in architettura e nell’arte.

Temi che si richiamano continuamente in quelle terre, terre dove la natura è un personaggio irrompente e dove la responsabilità degli attori che hanno generato il paesaggio era enorme e richiedeva una raffinata educazione all’ ambiente.

Pensare al cambiamento dei rapporti tra natura e città avvenuti durante L epoca post industriale aiutava ad accrescere uno sguardo critico nell analisi di ogni componente del paesaggio in quei luoghi.

Il capitolo quarto, dopo aver introdotto la nascita di una coscienza ecologica ed ambientale avvenuta dalla seconda metà del 900”, affronta il tema del paesaggio in architettura in 4 passaggi:

⁃ Il nuovo concetto di natura, dopo l’avvento degli strumenti tecnologici dove vi fu una crescita degli strumenti tecnologici;

⁃ La definizione del concetto di paesaggio applicabile all architettura;

⁃ Complessità; applicare un interpretazione critica del paesaggio da parte di uno o più individui.

⁃ Paesaggi informatici; la nuova interpretazione proveniente dall’ utilizzo di strumenti dell’ era dell’ informazione.

Proiettare questo capitolo in un luogo simile aiuta a capire meglio il tutto.

Perché se per l’autore, il paesaggio è “la rappresentazione estetica, condivisa collettivamente e culturalmente, ma in costante evoluzione”, non si può non considerare il paesaggio in funzione di ciò che è accaduto in quel luogo.

Poiché lì possiamo trovare due intrinseche ma distinte concezioni di paesaggio.

La prima è quella sostanziatasi con l’intervento di Landscape art più grande al mondo, firmato dall’ artista del 900” Alberto Burri nelle rovine della distrutta città storica; la seconda quella generata da un’ interessante filiera di progetti sperimentali coordinati e commissionati dal sindaco Ludovico Corrao per tutti gli artisti ed architetti che risposero all’ “art call” fatta da quest’ultimo in vista della ricostruzione della nuova città.

Mi affascina il concetto citato di “interpretazione condivisa”, perché se le persone sanno collegarsi attraverso fondamenta storiche, sociali ed economiche, il paesaggio non può che essere un campo di mediazione tra soggetto e collettività.

E allo stesso tempo possiamo dire che, essendo il paesaggio una rappresentazione critica in cui si arriva ad un’interpretazione estetica del mondo, il cretto di Burri è un gesto ben programmato che rispetta concetti storici, sociali ed economici proprio per generare un paesaggio, che ne é infondo l interpretazione critica di un unico individuo. infatti Burri in quel caso costruisce un attenta e vincolata progettazione di un paesaggio, proprio come lo é stato per il “cheapscape” di Ghery o le “tessiture guizzanti” di Hadid che il libro cita proprio nella terza parte del capitolo.

Ciò che invece manca alla nuova città è un’influenza di quello che il libro definisce “paesaggio informatico”. Perché, in questa era dell’informazione, si ha una nuova coscienza ambientale, dove i nuovi strumenti tecnologici consentono di simulare comportamenti della natura, prevedere e ripensare il paesaggio in un nuovo rapporto con L’architettura, pronto a generare luoghi capaci di interagire e modificarsi in base alle caratteristiche ambientali che gli appartengono.

Essi infatti hanno stravolto il concetto di previsione e di costruzione di un paesaggio.

Venendo a conoscenza di tutto questo, all’ombra di uno dei portici del “sistema delle piazze” pensato dagli architetti Purini e Thermes nella città nuova, non posso che guardare ciò che ho intorno e domandarmi: come sarebbe Gibellina se ci fosse una sua rinascita proprio in questo momento? cosa sarebbe accaduto con l’ arrivo del paesaggio informatico, se il tragico evento fosse stato proprio oggi?

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